Guerra in Ucraina, tempi duri per l’acciaio?

La crisi internazionale può avere ripercussioni anche sul settore siderurgico

Il conflitto in Ucraina rischia di determinare uno shock economico (e non solo) nella vita quotidiana del continente europeo. Tra i settori più colpiti c’è quello siderurgico, complice l’impatto negativo della guerra sulle catene di approvvigionamento dell’acciaio.

Una cattiva notizia in questo senso è la crisi del colosso siderurgico ucraino Metinvest, con sedi in tutta Europa (e che all’Italia ha fornito il 95% dell’acciaio necessario a ricostruire il Ponte Morandi di Genova). Dopo aver dettato lo stop alla produzione al suo stabilimento di Ilyich Iron and Steel Works (con una capacità di acciaio grezzo di 5 milioni di tonnellate all’anno), anche le forniture all’Italia diventano un punto interrogativo.

A confermare quanto potrebbe incidere negativamente sul settore italiano il prolungarsi delle ostilità sono i dati Eurostat: lo scorso anno l’Italia ha importato oltre 5 milioni di tonnellate di acciaio dall’Ucraina, perlopiù materie prime e semilavorati. Difficile al momento quantificare i contraccolpi della situazione in Ucraina. Oltre al nodo della produzione c’è quello legato al trasporto di acciaio, con il porto di Mariupol, strategico in questo senso, ormai sotto assedio permanente delle forze russe. Le ricadute della crisi ucraina, quindi, potrebbero consistere quantomeno in forti ritardi nelle consegne di acciaio e altri materiali da costruzione. Fondamentali in un momento in cui la domanda è elevatissima, complice l’apertura di numerosi cantieri dei progetti legati al PNRR.

Qual è il piano B dell’industria italiana? Cercare fornitori alternativi, nel caso in cui la guerra continuasse ancora per mesi. Sul tavolo c’è forte la candidatura dell’Algeria ma non solo. Anche perché entrano in gioco variabili come i costi di trasporto e quelli dell’energia, che già ha toccato massimi storici in questo periodo di tensioni e incertezze.